Elon Musk ha avviato una battaglia legale contro OpenAI, cercando di bloccare la trasformazione dell’organizzazione in una struttura a scopo di lucro. Attraverso una causa e una richiesta di ingiunzione (in allegato, interessenta da leggere), Musk accusa OpenAI di aver tradito la sua missione originale, che prevedeva lo sviluppo di un’intelligenza artificiale (IA) al servizio dell’umanità, e non finalizzata al guadagno. Questa disputa è radicata nella visione originaria del progetto, che aveva l’obiettivo di rendere le scoperte sull’IA aperte e accessibili a tutti.

Musk sostiene che la creazione del braccio “capped-profit” di OpenAI, legato a Microsoft attraverso una partnership multimiliardaria, rappresenti un allontanamento dall’obiettivo originale. Nella sua azione legale, chiede che l’organizzazione ritorni alla sua forma non profit e che sia vietato l’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale per finalità commerciali senza una rigorosa supervisione.

OpenAI ha respinto le affermazioni di Musk, pubblicando email che dimostrerebbero come egli stesso avesse inizialmente supportato l’idea di una struttura profit per attrarre finanziamenti più consistenti. Secondo OpenAI, la scelta di adottare un modello a scopo di lucro nel 2019 è stata necessaria per assicurare risorse adeguate allo sviluppo tecnologico. La leadership dell’organizzazione sostiene che Musk cercasse un controllo dominante sul progetto, incluso il ruolo di CEO e una quota di maggioranza, richieste che sarebbero state rifiutate per preservare l’indipendenza del progetto.

Inoltre, OpenAI difende la propria trasparenza affermando che il passaggio a una struttura profit non implica necessariamente un abbandono degli obiettivi benefici per l’umanità, sottolineando che la missione rimane focalizzata su strumenti IA che siano ampiamente accessibili.

Una tragicommedia legale

Immaginate la scena: Elon Musk, con il suo inimitabile sarcasmo, si alza in aula e guarda la giuria come se fosse l’inizio di un film tragicomico. “Signori e signore, sto solo cercando di salvare il mondo. E, beh, anche un po’ del mio investimento. Vi sembra troppo egoista?”

Musk, con un’aria tra il disperato e il geniale, ha chiesto alla corte di fermare OpenAI nel suo processo di trasformazione in una macchina a scopo di lucro. La richiesta, contenuta in una densa mozione di ingiunzione preliminare, ruota attorno a quattro punti principali:

Bloccare ogni accordo che limiti gli investitori dal finanziare concorrenti di OpenAI, come xAI, la nuova startup di Musk, che vuole riportare l’intelligenza artificiale a un ideale di utilità pubblica.

Impedire lo sfruttamento delle informazioni sensibili condivise durante i periodi di collaborazione tra Microsoft, OpenAI e vari membri del consiglio.

Fermare la conversione formale di OpenAI in un’entità a scopo di lucro, una decisione che Musk vede come il tradimento di un impegno fondamentale.

Proibire interconnessioni tra membri del consiglio d’amministrazione che rappresentano conflitti d’interesse palesi.

    Nella narrazione legale, Musk dipinge OpenAI come un promettente ideale ora “corrotto” dall’avidità. La startup, nata come un’organizzazione non-profit destinata al bene comune, è descritta come un moderno “Frankenstein”, manipolato da interessi commerciali per ottenere un dominio quasi monopolistico sul mercato dell’intelligenza artificiale. È un film in cui l’eroe (Musk) combatte una battaglia apparentemente impossibile contro il “male corporativo” (Microsoft e OpenAI).

    E ora immaginate Elon Musk. La scena si svolge non in un’aula di tribunale, ma in una fumosa caffetteria di Manhattan. Musk con un bicchiere di vino in mano, confessa al suo psicanalista immaginario:
    “Vede, è tutto molto semplice. Io volevo salvare il mondo con un’intelligenza artificiale altruista. Ma poi loro hanno iniziato a fare cose come vendere l’anima a Microsoft. E ora sono qui a spiegare a un giudice perché non voglio che il mio Frankenstein diventi un robot per vendere annunci pubblicitari. Ho creato un mostro e ora voglio fermarlo, ma mi accusano di essere egoista. Davvero, la prossima volta che voglio fare del bene, apro una pizzeria.”

    E così, tra monologhi interiori e battute acide, l’intera vicenda assume toni tragicomici. La battaglia legale tra Musk e OpenAI non è solo una questione di tecnologia, ma un dramma umano in cui ogni personaggio cerca di convincere il pubblico (e la corte) di essere il vero protagonista della storia.