L’Australia ha ufficialmente approvato una legge che vieta l’accesso ai social media ai minori di 16 anni, un provvedimento senza precedenti volto a tutelare i giovani dai pericoli online come il cyberbullismo, contenuti dannosi e predatori digitali. La normativa, che entrerà in vigore entro un anno, obbliga piattaforme come TikTok, Instagram e Facebook a verificare l’età degli utenti.

Australia, il Canarino della Miniera: Quando il Social Media Diventa il Nemico Pubblico n°1

Immaginate la scena: negli Stati Uniti, i dirigenti della Silicon Valley sono impegnati a divorare tacchino del Ringraziamento o a sorseggiare il loro ennesimo frullato proteico al sapore di carota e vaniglia. Dall’altra parte del globo, invece, gli australiani decidono che è ora di mettere un freno al caos digitale. Giovedì scorso, il parlamento australiano ha approvato una legge che, in parole povere, vieta ai minori di 16 anni di avere account sui social media. Un gesto eroico? O un banale gesto simbolico? Dipende dai punti di vista.

Diciamocelo: l’Australia, con la sua popolazione ridotta e il mercato non proprio “fondamentale” per colossi come Meta, Snap o TikTok, potrebbe sembrare un pesciolino nell’oceano. Ma gli investitori più astuti sanno bene che potrebbe essere il canarino nella miniera di carbone della regolamentazione globale. Sì, quel piccolo avviso che ci dice che qualcosa di più grande e catastrofico potrebbe arrivare.

Lezione dagli USA: Chi controlla i controllori?

Non che negli Stati Uniti siano rimasti a guardare. Negli ultimi due anni, molti stati americani hanno approvato leggi simili, tutte con l’obiettivo nobile (o presunto tale) di proteggere i bambini dai pericoli di Internet. C’è chi obbliga i social media a verificare il consenso dei genitori – il Tennessee è un esempio – e chi punta sulla verifica dell’età per capire chi è davvero un bambino. Spoiler: non è così facile come sembra.

Ovviamente, i grandi della tecnologia non sono rimasti a guardare. L’industria ha già riempito i tribunali di cause per bloccare queste leggi. Il mantra? “Non tocca a noi fare la balia.” Meta, per esempio, ha brillantemente suggerito che la responsabilità dovrebbe essere degli store di app, Apple e Google. Apple, naturalmente, ha risposto con il suo classico “Non ci provare nemmeno.” E così, la palla rimbalza da una multinazionale all’altra, mentre i legislatori cercano di capire chi dovrà accollarsi la grana.

L’Australia Si È Superata

Tornando alla terra dei canguri, la legge australiana è un mix esplosivo di ambizione e confusione. Le aziende di social media, per esempio, non potranno chiedere documenti ufficiali per verificare l’età. Sì, avete capito bene: vogliono verificare chi è un bambino senza usare strumenti che potrebbero realmente farlo. È un po’ come chiedere a un chirurgo di operare con le mani legate dietro la schiena.

E poi, ci sono i dettagli pratici. Come faranno le autorità a far rispettare questa legge? Verrà lanciato un esercito di cyber-poliziotti? Oppure i genitori australiani dovranno improvvisarsi investigatori digitali nel tempo libero? Non si sa. Quel che è certo, però, è che questa normativa è destinata a far parlare di sé.

La Tempesta Perfetta

Se l’Australia apre la strada, altre nazioni potrebbero seguirla. E questo potrebbe diventare un problema molto più grande per le aziende tecnologiche. Snapchat, ad esempio, che punta a un pubblico giovane, potrebbe subire danni significativi. Ma non pensiate che TikTok, Meta o persino Reddit siano al sicuro. La vera minaccia? Una crescente rete di regolamentazioni internazionali che rischia di trasformare i giganti della tecnologia in colossi bloccati in un pantano di carte bollate e avvocati strapagati.

Parlando di avvocati, forse è ora che i CTO inizino a far amicizia con i colleghi della legal. Perché se c’è una cosa chiara, è che il futuro delle aziende tecnologiche potrebbe essere deciso più nelle aule dei tribunali che nei laboratori di ricerca.