Ah, la vigilia del Ringraziamento. Mentre il resto d’America si prepara a svenire sul divano dopo una maratona di tacchino e torte di zucca, qualcuno ha deciso di servire un piatto diverso: un’indagine antitrust su Microsoft. E chi altri poteva orchestrare questa cena regolatoria se non Lina Khan, la presidente della Federal Trade Commission? È come se avesse deciso di giocare l’ultimo grande colpo prima che il sipario cali. Una mossa teatrale degna di un dramma da Oscar, o almeno di un film indipendente con una colonna sonora malinconica.

Il revival dell’antitrust: il sequel di un film anni ’90

Microsoft, la gigante tecnologica che una volta monopolizzava la scena come la regina incontrastata del ballo scolastico tecnologico, non è nuova a questo tipo di attenzione. Era il 1998 quando il governo degli Stati Uniti decise di farle causa per abuso di posizione dominante. Il processo sembrava un film di tribunali: atti drammatici, prove schiaccianti e, naturalmente, un verdetto che la costrinse a cambiare strada. Un tempo sembrava l’antagonista perfetto, ma col passare degli anni, Microsoft si reinventò. Una sorta di “Canto di Natale” versione Silicon Valley, dove l’azienda non solo imparava dai suoi errori, ma li trasformava in virtù.

Eppure, eccoci di nuovo qui, con Microsoft sotto i riflettori. Bloomberg ha rivelato che la FTC sta indagando sulle pratiche della società nei settori del cloud computing, delle licenze software, della sicurezza informatica e persino dell’intelligenza artificiale. È come se avessero deciso di esplorare ogni angolo del loro ufficio, compresi quei cassetti dove si tengono i biscotti rubati.

Ironia della sorte, Microsoft è l’unica grande azienda tecnologica che finora non aveva subito un’indagine antitrust di vasta portata negli ultimi anni. Apple, Amazon, Meta e Alphabet sono già state trascinate nel vortice, con risultati che oscillano tra il drammatico e il farsesco. Eppure, la storia di Microsoft sembra diversa, quasi nostalgica, come una vecchia foto di famiglia che spunta all’improvviso.

L’elemento umano: Brad Smith, il negoziatore

Un personaggio chiave in questa narrazione è Brad Smith, il presidente di Microsoft, descritto come il maestro delle pubbliche relazioni a Washington. È come quel personaggio del film che sa sempre cosa dire per placare il pubblico, il classico “mediator-in-chief”. Grazie a lui, Microsoft ha passato anni a costruire ponti con i regolatori, mentre gli altri giganti tecnologici facevano saltare in aria i loro. Ma ora, persino la retorica affascinante di Smith potrebbe non essere sufficiente per frenare l’energia investigativa della FTC.

E poi c’è la parte intrigante: i rivali di Microsoft sembrano fare la fila per unirsi al coro delle critiche. Alphabet ha accusato Microsoft di pratiche scorrette sui prezzi del cloud, mentre Zoom, in un atto quasi comico, ha chiesto alla FTC di investigare sulla questione Teams, come un vicino che si lamenta del volume troppo alto della musica. È uno di quei momenti in cui ti chiedi: “Chi è il vero cattivo qui?”

Il dettaglio più ironico di questa storia è che Khan ha solo un paio di mesi per lasciare il segno. È come guardare un regista indipendente con un budget limitato cercare di girare il film della sua vita prima che il set venga smantellato. E, come sempre, c’è l’incognita politica: un nuovo presidente della FTC, magari nominato da Trump, potrebbe chiudere tutto come se fosse solo una parentesi nel grande libro delle regolamentazioni.

Ma, almeno per ora, Microsoft è di nuovo sotto i riflettori. E chissà, forse questa volta non sarà una tragedia greca, ma una commedia sofisticata con un finale inaspettato.