Il sogno di Internet come spazio di libertà, connessione globale e democrazia partecipativa sembra ormai un’utopia del passato. Il libro “Il Crollo di Babele” esplora questo passaggio epocale, tracciando una linea tra il promettente inizio della rivoluzione digitale e l’attuale disincanto, segnato dall’emergere di poteri tecnologici centralizzati, intelligenza artificiale e conflitti sociali.
Il racconto biblico della Torre di Babele, simbolo dell’ambizione umana di costruire un mondo unificato, trova un’analogia sorprendente nella storia recente di Internet. L’utopia digitale ha raggiunto il suo apice con l’esplosione delle comunicazioni globali e delle reti sociali. Eventi simbolici come le Primavere Arabe del 2011 hanno fatto credere che la tecnologia potesse abbattere i regimi autoritari e democratizzare il potere.
Tuttavia, l’ascesa delle grandi piattaforme tecnologiche ha trasformato questa utopia in una distopia. La monetizzazione dei dati personali, la manipolazione delle opinioni pubbliche e la diffusione di fake news hanno eroso il tessuto democratico. Gli algoritmi, guidati dall’imperativo del profitto, hanno amplificato le divisioni sociali e polarizzato il dibattito pubblico, culminando in eventi drammatici come l’assalto a Capitol Hill nel 2021.
La caduta di questa “Torre di Babele digitale” non è solo una conseguenza tecnologica, ma anche il riflesso delle visioni ideologiche dei suoi costruttori. I leader della Silicon Valley, influenzati da filosofie tecnocratiche e libertarie, hanno plasmato il cyberspazio secondo logiche economiche che ignorano le implicazioni sociali e politiche.
Ora, mentre l’Intelligenza Artificiale si prepara a prendere il posto di Internet come forza trainante della società, la domanda cruciale diventa: quale sarà il destino dell’umanità? La terza decade del XXI secolo determinerà se le democrazie digitali potranno sopravvivere o se saranno definitivamente trasformate in entità computazionali governate da algoritmi.
Questo scenario ci impone una riflessione urgente: possiamo ancora governare le tecnologie che abbiamo creato o siamo destinati a essere governati da esse? La storia non è scritta; ciò che faremo ora plasmerà il futuro delle nostre società digitali.