In un contesto in cui il digitale è ormai essenziale, Pietro Jarre co-founder di Sloweb solleva importanti interrogativi su come evitare che il maluso delle tecnologie possa compromettere la transizione ecologica. L’articolo evidenzia la necessità di una “valutazione di impatto digitale”, simile a quella che oggi viene applicata alle infrastrutture fisiche, per assicurare che i servizi digitali promuovano valori sostenibili e non semplicemente il profitto immediato.

L’evoluzione digitale, pur portando enormi vantaggi in termini di connettività, innovazione e automazione, ha anche sollevato preoccupazioni per l’impatto che queste tecnologie hanno sulla nostra vita quotidiana e sul pianeta. Da anni, l’Associazione Sloweb promuove il concetto di una transizione digitale che non solo abbracci il progresso tecnologico, ma che sia anche ecologica, etica e socialmente responsabile. In un mondo dove la tecnologia sembra sempre più pervasiva e dominante, è cruciale riflettere su come l’uso del digitale possa essere orientato verso il benessere collettivo, evitando che gli sviluppi tecnologici siano usati in modo irresponsabile e predatorio

Sebbene gran parte del dibattito pubblico riguardo al digitale si concentri su temi come l’intelligenza artificiale, l’automazione e le implicazioni etiche degli algoritmi, questi temi, pur importanti, rischiano di distogliere l’attenzione dalle problematiche più urgenti legate all’uso sostenibile e responsabile delle tecnologie. Sloweb, attraverso il Digital Ethics Forum (DEF), adotta una visione che non si limita a discutere la “supremazia” della tecnologia, ma mette al centro la difesa dei valori umani, con l’obiettivo di promuovere un progresso tecnologico che non vada a scapito della sostenibilità ecologica e della giustizia sociale.

La digitalizzazione è ormai un elemento imprescindibile della nostra vita quotidiana, ma questo non significa che debba essere priva di impatti negativi. L’esempio emblematico della crescita incontrollata delle tecnologie senza una visione ecologica ci viene fornito dalla costante espansione dei data center. Queste infrastrutture sono essenziali per il funzionamento del mondo digitale, ma consumano enormi quantità di energia, acqua e risorse naturali, mentre producono ingenti quantità di rifiuti elettronici. Se la transizione ecologica richiede un cambiamento profondo nei modelli di consumo e produzione, la transizione digitale non può essere separata da questa visione.

Molto spesso, la tecnologia viene percepita come “pulita” o neutra dal punto di vista ecologico, ma è essenziale riconoscere che anche il digitale ha un impatto ambientale significativo. Ciò che sembra “immateriale” in realtà è strettamente legato a risorse fisiche che devono essere estratte e trasformate. Proprio come si è iniziato a fare con la produzione e l’uso delle automobili o degli elettrodomestici, è necessario adottare approcci che riducano il consumo e l’impatto ambientale delle tecnologie digitali

Un esempio immediato di inefficienza digitale riguarda i siti web aziendali, spesso considerati moderni e all’avanguardia, ma in realtà altamente consumatori di risorse. I siti più recenti, purtroppo, tendono ad essere particolarmente pesanti in termini di dati, energia e tempo, proprio come i vecchi modelli di automobili, che consumavano più carburante. Adottare pratiche sostenibili nella progettazione web – come suggerito dal World Wide Web Consortium (W3C) – è un passo fondamentale per ridurre il consumo di risorse energetiche, dando vita a un digitale “biologico”, capace di crescere rispettando i limiti ecologici.

Un altro aspetto fondamentale della sostenibilità digitale riguarda la considerazione degli “stakeholder” in senso lato, che include non solo gli utenti e i produttori, ma anche l’ambiente. Così come non si progetterebbe oggi una strada senza considerare l’impatto ambientale, non si dovrebbe sviluppare una nuova tecnologia senza tenere conto delle sue ricadute sull’ecosistema. Troppo spesso, invece, l’industria tecnologica è guidata dalla ricerca del profitto immediato, con scarse considerazioni per il lungo termine. Un esempio lampante è l’approccio “reso gratis” degli e-commerce, che non solo alimenta una logica di consumo insostenibile, ma ha anche effetti devastanti sull’ambiente, generando un’incredibile quantità di rifiuti.

Il parallelismo con la raccolta differenziata è un altro spunto interessante: se oggi non accetteremmo mai di accumulare in casa migliaia di bottiglie di vetro vuote, non dovremmo accettare nemmeno di ingombrare i nostri dispositivi con dati inutili. La nostra gestione delle risorse digitali dovrebbe seguire un principio di “sobrietà”: smettere di produrre dati e contenuti inutili e dare priorità solo a quelli che hanno un reale valore. In tal senso, Sloweb ha lavorato per educare gli utenti e le organizzazioni a un consumo digitale responsabile, promuovendo l’uso ecologico dei dati.

Uno degli obiettivi cruciali di Sloweb è sostenere lo sviluppo di un’industria digitale sostenibile che possa competere con i colossi tecnologici globali. Le esperienze del passato, come quella del Consorzio Airbus che ha sfidato il predominio della Boeing, mostrano che è possibile costruire una nuova realtà, più orientata alla sostenibilità, anche nel settore digitale. L’Europa ha la possibilità di fare lo stesso, promuovendo politiche pubbliche che incentivino l’innovazione responsabile e la creazione di tecnologie digitali che non siano solo redditizie, ma anche rispettose dell’ambiente e delle persone.

Per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale introdurre regolamenti che possano guidare la transizione digitale. La valutazione dell’impatto digitale deve diventare un processo standard, proprio come accade per le infrastrutture fisiche. Normative come il GDPR e l’AI Act sono un passo importante, ma è necessario andare oltre, stabilendo un sistema che fornisca una valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sociale dei prodotti e dei servizi digitali, per garantire che solo quelli più responsabili e sostenibili abbiano il via libera.

L’industria digitale può e deve essere un motore di cambiamento positivo, ma per farlo è necessario che le politiche e le pratiche siano orientate alla sostenibilità, all’etica e alla responsabilità sociale. Come abbiamo imparato nel campo delle energie rinnovabili e delle altre infrastrutture critiche, l’innovazione tecnologica deve essere guidata da un impegno verso il bene comune e il rispetto dell’ambiente. Il digitale non è più solo un settore, ma un’infrastruttura essenziale della nostra società, e come tale deve essere trattato.