Le ultime rivelazioni sul CEO di Tesla e SpaceX, Elon Musk, hanno acceso un dibattito su un tema di grande rilevanza: l’immigrazione negli Stati Uniti e le sue implicazioni legali. Secondo un’indagine pubblicata dal Washington Post, Musk avrebbe lavorato illegalmente per un breve periodo negli Stati Uniti negli anni ’90, mentre sviluppava la sua startup Zip2, suscitando dubbi e tensioni con l’attuale amministrazione Biden.

Nel dettaglio, il resoconto del Washington Post si basa su testimonianze di ex colleghi, documenti aziendali e atti giudiziari che sembrano indicare un’irregolarità nella permanenza lavorativa del magnate, che, nato in Sudafrica, avrebbe inizialmente fatto ingresso negli Stati Uniti con un visto J-1, tipicamente riservato a studenti e lavoratori temporanei impegnati in scambi culturali e programmi di studio-lavoro. In una sua dichiarazione su X (precedentemente Twitter), Musk ha respinto le accuse affermando di essere stato “legalmente presente” negli Stati Uniti, specificando che il suo visto J-1 si era poi convertito in un H1-B, una tipologia di visto per lavoratori specializzati. Tuttavia, il percorso di regolarizzazione di Musk appare nebuloso fino al 1997, quando, secondo l’articolo, ricevette l’autorizzazione definitiva per lavorare negli Stati Uniti.

I Retroscena: Zip2 e il Timore della Deportazione

Musk giunse a Palo Alto, in California, nel 1995, con l’intenzione di frequentare un corso post-laurea alla Stanford University, salvo poi abbandonare il progetto per fondare Zip2, una piattaforma di software venduta nel 1999 per circa 300 milioni di dollari. Tuttavia, sembra che i primi investitori in Zip2 fossero preoccupati per l’incertezza legale legata al suo visto e per il rischio di una sua possibile deportazione, tanto da imporgli un termine per regolarizzare la sua situazione. Queste pressioni, e il sostegno degli investitori, avrebbero giocato un ruolo determinante nell’ottenimento di un’autorizzazione lavorativa adeguata nel 1997.

Musk, in un’intervista del 2020 riportata dal Washington Post, ha spiegato la sua posizione ribadendo che, pur essendo “legalmente presente” negli Stati Uniti, era tecnicamente limitato a compiti di supporto legati al suo status di studente: “Potevo svolgere attività di supporto per la mia posizione, anche se mi ero subito orientato verso l’imprenditorialità”.

La Risposta di Biden e le Accuse Reciproche

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden non ha esitato a commentare la questione, utilizzando l’accusa come esempio per il suo discorso contro l’immigrazione illegale. Durante un comizio sindacale a Pittsburgh, Biden ha ironizzato: “Il più ricco del mondo, un lavoratore illegale qui. Era qui come studente, ma non era iscritto a nessuna scuola. Stava violando la legge, e ora si permette di parlare di immigrati illegali.” A stretto giro, Musk ha replicato su X accusando Biden di mentire: “Il burattino di Biden sta mentendo”, ha scritto, sottolineando ancora una volta la legalità del proprio status di lavoratore all’epoca.

Il Ruolo di Musk nella Politica Statunitense: Tra Sostenitori di Trump e la Lotta all’Immigrazione

In un quadro politico sempre più polarizzato, Musk si è posizionato come uno dei principali sostenitori di Donald Trump, in particolare nella sua corsa per le elezioni presidenziali. Musk ha infatti donato milioni di dollari a un super-PAC pro-Trump e ha accettato la proposta di guidare una commissione per l’efficienza governativa in caso di vittoria del candidato repubblicano. La posizione di Musk a favore di Trump si scontra in modo significativo con le rigide politiche anti-immigrazione promosse dall’ex Presidente, che punta a limitare l’ingresso di lavoratori stranieri con l’obiettivo dichiarato di favorire l’occupazione domestica.

Questo intreccio tra successo imprenditoriale, questioni legali passate e alleanze politiche sottolinea ancora una volta il ruolo ambivalente e controverso di Musk negli Stati Uniti. Da una parte, rappresenta l’icona del “sogno americano” e dell’innovazione tecnologica; dall’altra, la sua storia di immigrato arrivato con visto J-1 e il recente sostegno a politiche restrittive sull’immigrazione evidenziano un contrasto che sarà probabilmente oggetto di dibattito negli ambienti politici e mediatici nei prossimi mesi.