Dopo aver raccolto 6,6 miliardi di dollari dagli investitori, OpenAI sembra aver trovato il modo più elegante (e remunerativo) di smantellare la propria struttura non-profit. Il piano? Diventare una public-benefit corporation entro due anni, vendendo il proprio spirito caritatevole al miglior offerente.
Naturalmente, c’è una piccola complicazione: il non-profit che attualmente controlla tutto potrebbe non ricevere la compensazione adeguata. Ma davvero ci sorprende?
OpenAI, nella sua imperscrutabile complessità legale, è composta da una serie di entità incrociate. In cima, un non-profit il cui nobile obiettivo è “beneficiare il pubblico”. In basso, una LLC a scopo di lucro che detiene beni preziosi come i modelli di intelligenza artificiale. Gli investitori? Non possiedono azioni classiche, ma partecipazioni agli utili, limitate a un misero 100x sul loro investimento iniziale (insomma, pochi spiccioli). Oltre quel tetto, il surplus torna al non-profit. Ma non abbiate paura: con il passaggio alla nuova struttura, quel limite verrà “miracolosamente” rimosso. Chi pensava che beneficenza e profitti fossero inconciliabili?
Certo, la legge impone che i beni del non-profit servano il suo scopo caritatevole. Ma nel caso di OpenAI, si vocifera che il non-profit riceverà un generoso pacchetto di azioni nella futura entità a scopo di lucro.
Ma quanto vale davvero questa fetta di paradiso? Nessuno lo sa esattamente. Esperti di valutazione si grattano la testa cercando di capire se il non-profit sia debitore di un miliardo… o cento miliardi. Differenza sottile, no?
Secondo una recente dichiarazione fiscale, OpenAI sostiene di non avere “entità controllate“.
Tradotto: il non-profit potrebbe avere diritto solo al 50% dei profitti futuri dell’azienda, il che pone il valore della sua fetta a un massimo di 78,5 miliardi.
Ma, attenzione, il non-profit ha anche il controllo legale della società, un controllo che secondo alcuni investitori farebbe impennare il valore di OpenAI se solo fosse eliminato. Per questo, qualcuno potrebbe essere interessato a “liberare” l’azienda da questo noioso vincolo.
Ma ecco la ciliegina sulla torta:
la legge non obbliga nessuno a pagare il non-profit per la perdita di questo controllo. Secondo alcuni esperti, come Karen Blackistone, la questione non è così chiara.
“Questi tipi di transazioni sono estremamente complessi e comportano una serie di ostacoli legali e normativi che devono essere superati”
Altri, come Jill Horwitz, (Vice Preside della Faculty and Intellectual Life e David Sanders Professor of Law and Medicine presso la UCLA School of Law e Associate Director del Center for Law and Economics della UCLA) sostengono che la compensazione debba coprire ogni singolo dollaro perso dalla carità. Ma ci crediamo davvero?
“Innanzitutto è compito del consiglio, poi degli enti di regolamentazione e del tribunale, garantire che la promessa fatta al pubblico di perseguire interessi di beneficenza venga mantenuta”
Il vero problema è che il consiglio del non-profit, quello che dovrebbe difendere i suoi interessi con le unghie e con i denti, sembra più amichevole con Sam Altman che preoccupato di proteggere i beni comuni.
“I membri del consiglio che volevano rallentare le cose sono già usciti di scena“, osserva un esperto. Insomma, sembra che il non-profit abbia già perso il controllo.
Bret Taylor, presidente del consiglio di amministrazione della nonprofit OpenAI, ha dichiarato che il consiglio è focalizzato sull’adempimento del proprio obbligo fiduciario.
“Qualsiasi potenziale ristrutturazione garantirà che la nonprofit continui a esistere e prosperare, ricevendo il pieno valore della sua attuale partecipazione nell’OpenAI a scopo di lucro, con una maggiore capacità di perseguire la sua missione”, ha affermato.
Se l’operazione andrà avanti, il non-profit utilizzerà i suoi nuovi fondi per continuare la ricerca sull’IA, magari vendendo le sue azioni per finanziarsi. Ma c’è un elefante nella stanza: il controllo. La legge impone che il consiglio del non-profit agisca nel suo interesse.
E se non lo farà, il procuratore generale della California potrebbe intervenire.
Infatti Public Citizen, un’organizzazione di difesa dei consumatori, chiede al Procuratore generale della California di supervisionare
l’imminente conversione di OpenAI in una società di pubblica utilità.
Ah, la filantropia nell’era delle Big Tech!