Immaginatevi la scena: siete Ben Horowitz, un venture capitalist di spicco della Silicon Valley. State comodamente seduti alla vostra cena con Marc Andreessen, discutendo delle solite cose—innovazione, meeting con figure potenti, e, perché no, Trump che gioca a golf con i suoi nipoti. Poi, all’improvviso, qualcuno vi chiede: “Ma tu, a chi donerai alle prossime elezioni?”
Ben si gratta la testa, fa una pausa, e risponde con tutta la calma del mondo: “Donald Trump, ovvio.”
E così è nato il caos. Ora, mentre io mi domando come sia possibile avere una conversazione a cuor leggero su Trump e nipoti, senza sprofondare in uno stato di ansia esistenziale, mi rendo conto che Ben ha improvvisamente cambiato idea. O meglio, ha deciso di giocare su due fronti: da un lato, il supporto pubblico a Trump, dall’altro, una generosa donazione alla campagna di Kamala Harris. Avete capito bene. Prima Trump, adesso Harris. È come se qualcuno avesse comprato azioni del Titanic mentre affittava un cabinato di salvataggio.
“Come puoi tornare indietro?”
In un’email inviata al suo fondo di venture capital, Horowitz si è esposto: “Felicia ed io conosciamo la Vicepresidente Harris da oltre dieci anni. È stata una grande amica, perciò faremo una significativa donazione alla sua campagna”. Ah, l’amicizia! Non c’è nulla di più nobile. Io stesso sono pronto a donare a qualsiasi campagna elettorale, purché il candidato abbia la bontà di invitarmi a un barbecue nel giardino di casa sua. Soprattutto se c’è del buon vino.
Però, e qui viene il bello, questa donazione arriva dopo che Joe Biden ha deciso di farsi da parte. Ora che Kamala è la candidata democratica, sembra che Ben stia tentando di ricostruire quei ponti bruciati quando ha appoggiato Trump. Come dire, si sa mai che uno di questi amici diventi presidente, no? E poi, parliamoci chiaro: per Ben e Marc, la politica è soprattutto una questione di chi ti concede un meeting. Non importa se il candidato ha delle opinioni su, diciamo, la democrazia.
Il problema della coerenza (o della sua assenza)
Vi confesso, c’è qualcosa di affascinante in questa giravolta. Horowitz sostiene Trump, che—per motivi che sfuggono alla logica—è considerato una scelta “strategica”. Ma poi si ritrova davanti a un nuovo scenario, dove Harris potrebbe davvero vincere, e a quel punto gli incontri strategici potrebbero diventare più difficili da ottenere. Oh, le tragedie dei potenti! Come sopravvivere quattro anni senza incontrare chi comanda?
Per Ben, il suo supporto a Trump era una sorta di salto nel buio, forse con la speranza di un finale alla Star Wars: una galassia lontana, lontana, con tutti felici e contenti (tranne i democratici). Ma ora, Harris è nel futuro. E così, l’email diventa una specie di scusa anticipata. Non si sa mai: meglio essere in buoni rapporti con tutti, soprattutto con chi potrebbe firmare leggi che influenzano le start-up.
Tra criptovalute e barbecue
Certo, Ben ha ancora qualche riserva. Non è che Biden gli sia mai piaciuto davvero, ma su Harris—beh, è incoraggiato dal fatto che lei potrebbe “fare qualcosa di buono per la tecnologia”. A proposito, c’è il tema delle criptovalute, su cui Harris ha fatto solo qualche timida apertura. Un suo consigliere ha detto che la campagna “sosterrà politiche che permettano alle nuove tecnologie di crescere.” Traduzione: tranquilli, investitori, non vi faremo troppo male. Certo, questa è la stessa logica che userei io per giustificare l’acquisto di un quadro costoso: “È un investimento!”
Morale della storia?
Ben Horowitz ha saputo come schivare i colpi. Ha appoggiato Trump, ma ora mette le basi per non restare tagliato fuori da un’eventuale amministrazione Harris. In fondo, la Silicon Valley è un luogo dove il potere conta più dell’ideologia. E mentre noi comuni mortali ci dibattiamo su chi votare, per gente come Horowitz l’importante è che ci sia sempre un posto riservato al tavolo delle trattative—che sia con Trump, Harris, o chiunque si sieda sul trono.
Nel frattempo, vorrei sapere se David Sacks sta bene. Sembra che il suo club di venture capital stia perdendo qualche pezzo.
Politainment, Questo è quanto, signori e signore. Chi dice che la politica non è uno spettacolo affascinante?