In un recente interrogatorio davanti al Senato australiano, il senatore David Shoebridge ha interrogato la direttrice globale della privacy di Meta, Melinda Claybaugh, riguardo alle pratiche di raccolta dati dell’azienda. Shoebridge ha sottolineato che Meta ha deciso di raccogliere tutti i post pubblici da Facebook e Instagram risalenti al 2007, a meno che gli utenti non abbiano esplicitamente impostato i loro post come privati. Claybaugh ha confermato questa affermazione, dichiarando: “Corretto” quando è stata incalzata su questo tema.

Questo scambio ha messo in evidenza preoccupazioni significative riguardo alla privacy e all’uso dei dati, in particolare alla luce della vasta quantità di contenuti potenzialmente dannosi disponibili su queste piattaforme. La linea di interrogatorio di Shoebridge ha suggerito che le vere implicazioni di questa raccolta di dati vanno oltre le semplici violazioni della privacy, includendo il potenziale per i modelli di intelligenza artificiale di Meta di essere addestrati su una miriade di contenuti problematici, tra cui discorsi d’odio, disinformazione e narrazioni divisive.

Inoltre, Shoebridge ha chiesto perché gli utenti australiani non abbiano le stesse opzioni di opt-out disponibili agli utenti europei sotto il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Claybaugh ha spiegato che l’assenza di tali opzioni in Australia è dovuta al diverso contesto normativo, indicando che le pratiche di Meta in Australia differiscono significativamente da quelle in Europa, dove il consenso degli utenti è protetto in modo più rigoroso.

L’interrogatorio ha sollevato allarmi riguardo alle implicazioni etiche dell’uso dei dati personali per l’addestramento dell’IA senza un consenso esplicito, specialmente considerando che molti utenti potrebbero non essere stati a conoscenza che il loro contenuto potesse essere utilizzato in questo modo. Critici, incluso il senatore Tony Sheldon, hanno condannato le pratiche di Meta come un palese disprezzo per la privacy e le leggi sul copyright, sottolineando che gli individui non hanno acconsentito all’uso dei loro momenti personali per addestrare tecnologie di intelligenza artificiale che non erano nemmeno concepite al momento della pubblicazione.

In sintesi, lo scambio tra Shoebridge e Claybaugh sottolinea le tensioni in corso tra privacy dei dati, consenso degli utenti e lo sviluppo rapido delle tecnologie di intelligenza artificiale, evidenziando la necessità di quadri normativi più robusti per proteggere i diritti degli utenti nel panorama digitale.