Secondo un ampio studio commissionato dall’organizzazione per i diritti musicali APRA AMCOS, alcuni dei più grandi nomi della musica australiana ritengono che l’Intelligenza Artificiale possa avere un impatto devastante sull’industria musicale e sui loro guadagni.

L’AI and Music Report, considerato la più grande ricerca del suo genere nella regione Australia/Nuova Zelanda, ha intervistato oltre 4.200 cantautori, compositori ed editori musicali in merito all’impatto delle nuove tecnologie sul loro lavoro.

Il rapporto ha rilevato che circa un quarto (23%) dei ricavi dei creatori musicali sarà a rischio a causa degli strumenti di Intelligenza Artificiale generativa, che utilizzano algoritmi per analizzare la musica esistente e generare nuove melodie, parti e composizioni. Tra gli intervistati, l’82% teme che la tecnologia AI possa impedire ai creatori musicali di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro e la stima è che entro il 2028 il danno cumulativo dell’IA sull’industria musicale potrebbe arrivare a 519 milioni di dollari.

La musica è fondamentale per il modo in cui ci esprimiamo e per entrare in contatto con gli altri”, ha affermato Jimmy Barnes nella ricerca pubblicata la scorsa settimana. “Se lasciamo che qualcosa di ‘artificiale’ prenda il sopravvento, non importa quanto ‘intelligente’ si supponga che quella macchina sia, perderemo parte di ciò che significa essere umani“.

Artisti come Tina Arena, Peter Garrett, Bernard Fanning e molti altri hanno espresso preoccupazioni simili, lanciando l’allarme su come l’AI possa prendere il sopravvento sull’elemento umano della creazione musicale e confondere i confini tra emozioni autentiche e versioni generate automaticamente. “La maggior parte della musica è guidata dal cuore, non dalla testa, e non credo che i sentimenti artificiali possano scuotere l’anima“, ha affermato a tale proposito la cantautrice Missy Higgins.

Il rapporto ha rilevato che il 65 percento dei creatori musicali ritiene che i rischi dell’Intelligenza Artificiale potrebbero superare le sue possibili opportunità e benefici.

La cantante pop di formazione classica e coach di The Voice Australia, Kate Miller-Heidke, ha avvertito “se perdiamo persone perché i loro lavori vengono sostituiti dall’intelligenza artificiale, non le riavremo mai più. Lo abbiamo visto durante la pandemia… Gli artisti creeranno sempre, ma se le loro creazioni non hanno un posto dove andare e tutto ciò che abbiamo sono contenuti generati dall’intelligenza artificiale, siamo davvero fottuti“.

Il rapporto ha inoltre evidenziato la mancanza di regolamentazione e di politiche governative in materia di Intelligenza Artificiale e musica, soprattutto per quanto riguarda il giusto riconoscimento, il consenso e le giuste royalties. Peter Garrett, frontman dei Midnight Oil ed ex ministro del governo laburista, ha sottolineato la necessità di un intervento urgente del governo per garantire che i titolari dei diritti d’autore siano adeguatamente remunerati. “Senza leggi solide che garantiscano che i titolari dei diritti d’autore siano adeguatamente remunerati, che le licenze siano applicate e che ci sia trasparenza sui processi effettivamente utilizzati quando il lavoro di un creatore viene sfruttato, allora siamo nei guai” sono state le sue parole.

Tuttavia, nonostante le preoccupazioni, ci sono anche voci a favore dell’AI, come quella di Dami Im, che vede la tecnologia come un ottimo strumento per generare nuove idee musicali e rivoluzionare il processo creativo. D’altra parte i produttori musicali stanno già integrando strumenti basati sull’intelligenza artificiale per facilitare l’editing, il mixaggio e il mastering. 

L’esempio più noto è l’ultima canzione dei Beatles “Now and Then” che ha utilizzato la tecnologia di apprendimento audio per isolare e ripulire parti vocali e di pianoforte precedentemente ritenute inutilizzabili. 

Il consenso generale tra gli artisti comunque è che senza regolamentazioni adeguate, l’Intelligenza Artificiale potrebbe fare più danni che benefici all’industria musicale. L’ex frontman dei Powderfinger Bernard Fanning ha dichiarato che “l‘uso di musica già protetta da copyright per addestrare l’IA a comporre è un fattore importante per me. Non riesco a capire come possa essere considerato legale o accettabile dal punto di vista morale“.

Fanning è tra il 95% dei creatori musicali che chiedono maggiore trasparenza e consenso, sostenendo che le aziende di AI dovrebbero chiedere il permesso e pagare per i dati utilizzati per addestrare le proprie piattaforme, e rendere noto quando lo fanno. 

Peraltro, le principali case discografiche, tra cui Sony e Universal Music Group, hanno già citato in giudizio i servizi di generazione di brani basati sull’intelligenza artificiale Suno e Udio per violazione del copyright , sostenendo che hanno sfruttato il lavoro di artisti di diversi generi, stili ed epoche. 


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