Google dona milioni di dollari alla California per finanziare posti di lavoro nel giornalismo locale, in un accordo unico a livello nazionale.

Immaginatevi un’enorme sala riunioni a Googleplex, con pareti di vetro, poltrone ergonomiche e caffè biologico in ogni angolo. L’aria è frizzante di tensione. Da un lato del tavolo, i dirigenti di Google, con i loro occhiali alla moda e dispositivi intelligenti sempre a portata di mano.

Dall’altro lato, i legislatori della California, pronti a combattere per preservare quel poco che resta del giornalismo locale, un po’ come Don Chisciotte che affronta i mulini a vento, ma con meno romanticismo e più power point.

L’accordo è sul tavolo. “250 milioni di dollari in cinque anni”, dice il rappresentante di Google con un sorriso che sembra uscito da un corso avanzato di pubbliche relazioni.

“Un generoso contributo per sostenere le redazioni locali e nel frattempo, stanzieremo anche fondi per lo sviluppo di nuovi strumenti di intelligenza artificiale.”

Ecco, questa è la parte dove i legislatori fanno un cenno con la testa, cercando di sembrare entusiasti, anche se dentro di loro si chiedono se tutto questo sia davvero una buona idea o solo un altro modo per Google di sfuggire a una regolamentazione più severa.

Vedete, Google ha fatto i compiti a casa. Sanno che un disegno di legge è in procinto di costringerli a pagare una percentuale delle loro enormi entrate pubblicitarie agli editori per ogni link ai loro articoli.

Una “tassa sui link”, la chiamano, e per Google è come una tassa sul respiro: semplicemente inaccettabile. Così, piuttosto che combattere un’altra battaglia in tribunale, dove i costi legali sono altissimi e le probabilità di perdere troppo rischiose, Google ha deciso di fare la cosa “intelligente”. Offrire denaro. Denaro che, per un colosso come Google, è poco più di una moneta da un centesimo trovata per caso sotto il divano.

Ma ovviamente, non è solo una questione di soldi. No, qui si tratta di controllo. Perché dando questi fondi, Google può evitare quella fastidiosa regolamentazione che potrebbe mettere in pericolo il loro modello di business. E allo stesso tempo, possono dire al mondo di essere i paladini del giornalismo, quelli che si preoccupano di mantenere informata la popolazione, mentre in realtà stanno semplicemente proteggendo i loro interessi. Geniale, no?

Ma cosa dicono i giornalisti di tutto questo? Beh, non sono esattamente felici di questo “dono”. Vedono l’accordo come una sorta di cavallo di Troia. Google entra nelle redazioni con una borsa piena di soldi, ma alla fine, chi controllerà davvero il futuro del giornalismo? E perché tutto questo entusiasmo per l’intelligenza artificiale? Non è forse un modo per far sì che le macchine, create proprio da Google, diventino i nuovi cronisti? Come dire: “Non solo vi compriamo, ma vi sostituiamo anche”.

Il sindacato dei giornalisti è particolarmente preoccupato. Hanno lanciato l’allarme, dicendo che i giornalisti, quelli veri, sono stati tenuti fuori dalle trattative. Hanno scritto lettere furiose ai legislatori, denunciando il fatto che tutto questo sia avvenuto a porte chiuse, senza alcuna trasparenza. E sono indignati perché vedono questo accordo come un’altra mossa per consolidare il potere di Google, invece di aiutare davvero il giornalismo a prosperare in un’epoca dominata dalla tecnologia.

Poi c’è il capitolo intelligenza artificiale. Un capitolo che nessuno voleva, ma che Google ha deciso di scrivere comunque. Dei 250 milioni di dollari, ben 70 milioni sono destinati allo sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale. Che tipo di strumenti? Beh, probabilmente qualcosa che riesca a scrivere articoli più velocemente, fare ricerche più approfondite, e forse, un giorno, sostituire del tutto i giornalisti in carne e ossa. Gli scettici vedono questo come un ulteriore passo verso un futuro in cui le notizie non saranno più scritte da esseri umani, ma da algoritmi che rispondono solo alle leggi dell’economia.

E non dimentichiamo che tutto questo succede mentre Google si prepara a lanciare l’accordo l’anno prossimo. Il governatore della California, Gavin Newsom, ha promesso di includere i fondi per il giornalismo nel suo bilancio di gennaio. Ma c’è sempre un “ma” nella politica, e le preoccupazioni degli altri leader democratici potrebbero rallentare, o persino bloccare, tutto questo. Forse, dopo tutto, anche la politica ha le sue piccole vendette.

Quindi, cosa abbiamo alla fine di questa storia? Abbiamo Google che si presenta come il salvatore del giornalismo, mentre i giornalisti si chiedono se non sia proprio lui la causa dei loro problemi. Abbiamo un accordo che promette di aiutare le redazioni locali, ma che allo stesso tempo potrebbe semplicemente rafforzare il dominio di un gigante tecnologico su di loro. E abbiamo l’intelligenza artificiale che incombe all’orizzonte, pronta a cambiare per sempre il modo in cui consumiamo le notizie.

Insomma, sembra quasi la trama di un film di Woody Allen: una storia di potere, soldi, tecnologia, e una buona dose di ironia. E mentre i titoli di coda scorrono, non possiamo fare a meno di chiederci se tutto questo sia una commedia, una tragedia, o forse, un po’ di entrambe le cose.

Source : https://apnews.com/article/california-google-news-link-tax-0921cc2b39de591c173201e1ec4bee64

https://apnews.com/article/big-tech-google-meta-journalism-news-5d3b3f67ee9817cac235d6a827c1a5ab

https://apnews.com/article/google-meta-big-tech-journalism-fee-california-lawmakers-ec3a926252f59e589e5d48b067c7904e