Nella corsa globale agli investimenti sull’Intelligenza Artificiale, l’Europa non riesce a tenere il passo con Stati Uniti e Cina. Secondo un rapporto della Corte dei conti europea, le azioni messe in campo da Bruxelles per sviluppare un ecosistema europeo di AI non sono state ben coordinate con quelle degli Stati membri, il monitoraggio della performance degli investimenti non è stato sistematico, incidendo negativamente sulla credibilità dei piani Ue e il divario, solo con gli Stati Uniti, in termini di investimenti complessivi nel settore è più che raddoppiato, portando il gap ad un valore di oltre 10 miliardi di euro.

Vaghi e obsoleti secondo la Corte dei Conti europea, anche gli obiettivi in termini di investimento la cui mancanza di ambizione, secondo i giudici contabili, contrasta con l’obiettivo di costruire un ecosistema di Intelligenza Artificiale che sia competitivo a livello mondiale.

Non era chiaro in che modo gli Stati membri avrebbero contribuito agli obiettivi di investimento generali dell’Ue, scrive la Corte evidenziando una mancanza di “visione d’insieme” a livello europeo.

Quanto ai progetti di ricerca nel settore, la Commissione ne ha aumentato la spesa a carico del bilancio dell’Ue ma, osserva il rapporto, non ha potenziato in modo significativo il cofinanziamento privato.

Bruxelles ha poi disposto tutta una serie di misure per porre in essere dei catalizzatori finanziari e infrastrutturali per lo sviluppo e la diffusione dell’IA.

A parere della Corte, le infrastrutture finanziate dall’Ue hanno tardato a decollare, mentre occorrerà aspettare ancora perché le misure per la realizzazione di un mercato unico dei dati dispieghino i loro effetti, stimolando gli investimenti nel settore.

Secondo i giudici contabili, perché l’Ue realizzi le proprie ambizioni in materia di Intelligenza Artificiale, saranno di fondamentale importanza una governance più forte, investimenti pubblici e privati più consistenti e mirati.

Due aspetti che per Mihails Kozlovs, membro della Corte che ha diretto l’audit, saranno in grado di determinare la velocità della crescita economica dell’Ue negli anni a venire perché, sottolinea la Corte, nella corsa all’IA, c’è il rischio che il vincitore pigli tutto.

L’Ue ha come obiettivo che il 75% delle imprese utilizzi l’Intelligenza Artificiale entro il 2030. Ad oggi la percentuale è in media dell’8% nell’Ue, con notevoli variazioni tra uno Stato e l’altro. Danimarca (15,2%), Finlandia (15,1%) e Lussemburgo (14,4%) sono i Paesi che vantano le percentuali più alte di imprese con 10 o più dipendenti che utilizzano le tecnologie di IA. In fondo alla classifica si piazzano Romania (1,5%), Bulgaria (3,6%), Polonia (3,7%) e Ungheria (3,7%), mentre l’Italia si ferma al 5%. Peraltro, ci sono all’interno dell’Unione ben 4 quattro paesi (Bulgaria, Croazia, Grecia e Romania) che non dispongono ancora di alcuna strategia in materia di Intelligenza Artificiale.

Recuperare il terreno perso diventa, a questo punto, sempre più difficile.


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