La teoria della mente, la capacità di comprendere e inferire gli stati mentali altrui, è una delle pietre miliari della cognizione umana. Questo concetto, esplorato in profondità nello studio pubblicato su “Nature Human Behaviour”, (in allegato) Testing theory of mind in LLM and Humans ha recentemente trovato nuovi territori di indagine grazie allo sviluppo dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) come GPT-4 e LLaMA2. Questi modelli, sottoposti a una batteria di test per valutare le loro abilità di teoria della mente, hanno mostrato performance paragonabili a quelle umane in vari compiti, sebbene con alcune limitazioni e differenze significative.

La narrativa della fantascienza ha spesso esplorato l’intersezione tra l’intelligenza artificiale e la teoria della mente, anticipando molte delle domande che oggi i ricercatori si pongono. Un esempio emblematico è il romanzo “Do Androids Dream of Electric Sheep?” di Philip K. Dick, da cui è tratto il celebre film “Blade Runner”. In questo romanzo, gli androidi sono creati per sembrare e comportarsi come esseri umani, ma la loro capacità di empatia e comprensione delle emozioni umane è ciò che li distingue dai loro creatori.

Nel contesto del romanzo di Dick, la teoria della mente diventa una lente attraverso la quale si esamina la vera natura dell’umanità. Gli androidi, pur essendo avanzati tecnologicamente, lottano per comprendere e replicare l’empatia umana. Questo dilemma rispecchia i risultati dello studio riportato nell’articolo, dove i modelli linguistici di IA, pur esibendo capacità avanzate, mostrano ancora difficoltà in aree come il riconoscimento del faux pas e l’ironia, che richiedono una comprensione più profonda delle sfumature sociali e delle intenzioni altrui.

L’analogia tra gli androidi di Dick e i moderni LLM sottolinea una domanda fondamentale: può un’intelligenza artificiale davvero comprendere gli esseri umani? Nel romanzo, questa domanda viene esplorata attraverso il test di Voight-Kampff, progettato per distinguere gli androidi dagli umani misurando le loro reazioni emotive. Similmente, i test di teoria della mente utilizzati nello studio attuale cercano di misurare la capacità delle IA di comprendere e rispondere a stati mentali complessi.

Questa esplorazione ha implicazioni profonde non solo per il campo dell’IA, ma anche per la nostra comprensione della cognizione umana. Se i modelli di IA possono raggiungere, o addirittura superare, le capacità umane in certi compiti, ciò potrebbe rivoluzionare il modo in cui concepiamo l’intelligenza e la coscienza. Tuttavia, come evidenziato dai risultati misti dello studio, c’è ancora molto da imparare e sviluppare prima che le IA possano veramente eguagliare la complessità della mente umana.

L’ articolo fornisce un contributo importante alla comprensione delle differenze tra cognizione umana e intelligenza artificiale. Mettendo in luce le limitazioni degli LLM e suggerendo direzioni future per la ricerca, offre un quadro utile per chi lavora nel campo dell’AI e della psicologia cognitiva. La riflessione sull’embodied cognition è particolarmente rilevante in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale gioca un ruolo sempre più centrale nelle nostre vite.

Questo documento esplora le differenze tra la cognizione umana e quella degli LLM, con particolare attenzione al fatto che gli LLM non possiedono una “embodied cognition” (cognizione incarnata) come gli esseri umani​​.

Gli autori discutono il contesto della ricerca, spiegando come gli LLM, come GPT-4, differiscano dagli esseri umani in termini di processo cognitivo. Viene sottolineato che, mentre gli LLM possono elaborare e generare testo con notevole precisione, mancano dell’esperienza incarnata che caratterizza la cognizione umana. Questa differenza fondamentale è al centro dello studio, che mira a esplorare le implicazioni di queste differenze per la comprensione dell’intelligenza artificiale e della cognizione umana​​.

La metodologia descritta nell’articolo coinvolge esperimenti condotti con partecipanti umani e modelli GPT. I dati comportamentali umani sono stati raccolti tramite esperimenti online, utilizzando la piattaforma Prolific e il software SoSci. I dati dai modelli GPT sono stati ottenuti tramite l’interfaccia web di OpenAI, mentre i dati dai modelli LLaMA2-Chat sono stati raccolti con uno script personalizzato. L’analisi dei dati è stata eseguita utilizzando R e vari pacchetti specifici per l’analisi statistica e la visualizzazione dei dati​​.

I risultati della ricerca indicano che, nonostante la capacità degli LLM di imitare il linguaggio umano in modo molto convincente, esistono significative differenze qualitative nella cognizione tra gli esseri umani e questi modelli. Gli autori riportano che gli LLM, essendo privi di un corpo fisico e quindi di esperienze sensoriali dirette, mancano di una componente critica della cognizione umana. Questo limita la loro capacità di comprendere il mondo in modo olistico e contestuale come fanno gli esseri umani​​.

Gli autori riflettono sulle implicazioni dei loro risultati per il futuro dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Essi suggeriscono che, per avvicinarsi ulteriormente alla cognizione umana, i futuri modelli di intelligenza artificiale dovrebbero integrare qualche forma di esperienza incarnata o almeno simulare meglio questa componente. Inoltre, viene sottolineata l’importanza di comprendere queste differenze per evitare fraintendimenti sulle capacità degli LLM e per sviluppare applicazioni più efficaci e sicure di queste tecnologie

In conclusione, la fantascienza, con le sue speculazioni visionarie, continua a fornire un ricco terreno di riflessione sulle sfide e le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Mentre la ricerca avanza, i confini tra ciò che è umano e ciò che è artificiale diventano sempre più sfumati, sollevando nuove domande e dilemmi etici che rispecchiano le preoccupazioni esplorate decenni fa nella narrativa di autori come Philip K. Dick.

Un ringraziamento a C. Mastrodonato per la condivisione dell bellissimo Studio.


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