Nel campo rivoluzionario dell’Intelligenza Artificiale, le donne si trovano ad affrontare un fronte di battaglia ostico, minato da pregiudizi di genere profondamente radicati.
Sebbene alcune nicchie, come l’etica e la sicurezza nell’ambito dell’AI, mostrino una leggera diversità di genere, è palese che c’è bisogno di una rappresentanza femminile più incisiva in ogni ambito dell’Intelligenza Artificiale.
Le tensioni esplose tra i membri del consiglio e i dirigenti di Altman riguardo alla visione e alla missione di OpenAI sottolineano in modo chiaro e inequivocabile l’indispensabile ruolo delle considerazioni etiche nella progettazione e nell’attuazione dell’AI.
Tuttavia, è evidente che le voci femminili che difendono prospettive etiche sono state, in gran parte, silenziate e marginalizzate, evidenziando le immense sfide che le donne devono superare per ottenere un’autentica influenza e riconoscimento nel settore.
La pubblicazione da parte del New York Times di un elenco di figure influenti nel campo dell’Intelligenza Artificiale è salita recentemente alla ribalta per un’evidente omissione: l’assenza di donne .
Questa ha acceso le critiche delle ricercatrici e delle scienziate all’interno della comunità AI, tra cui Fei-Fei Li , famosa per i suoi contributi a ImageNet e spesso definita “madrina dell’intelligenza artificiale“.
In Europa c’è molta frenesia intorno ai temi dell’Intelligenza Artificiale in questo momento che, lato start-up, ha visto la partecipazione di alcuni investitori statunitensi e internazionali, all’interno delle due principali realtà europee del settore. Si tratta di:
Aleph Alpha (2019) che, con il suo Luminous, se la gioca alla pari con i principali modelli di intelligenza artificiale globali in termini di efficienza e prestazioni nonostante abbia meno parametri;
Mistral AI nota per il suo modello Mistral 7B, enfatizza l’accessibilità e le prestazioni open source. Con 7,3 miliardi di parametri, il modello compete in modo impressionante con modelli più grandi come Llama 2 13B e CodeLlama 7B in vari benchmark, tra cui la generazione di codice e le attività in lingua inglese.
Stephanie von Behr , direttrice generale della piattaforma comunitaria Founderland con sede a Berlino, ha detto “possiamo e dobbiamo fare meglio” auspicando che “Mistral AI promuova la diversità e garantisca che l’AI in Europa non sia modellata esclusivamente da tre uomini bianchi“.
Ci sono alcune cose che non cambiano, indipendentemente da ciò che viene pubblicizzato. Per quanto riguarda le startup dell’Intelligenza Artificiale ad esempio non abbiamo ancora visto arrivare gli stessi finanziamenti alle iniziative nate in seno a start-up femminili rispetto a quelle governate da colleghi uomini. I finanziamenti alle donne in Europa si aggirano ancora intorno al 2%.
Negli Stati Uniti, d’altra parte, le cose non sembrano andare meglio. Proprio in relazione a questo argomento, la fondatrice Cindy Gallop che ha detto che le raccolte fondi sono simili ad una parodia di The Onion [ndr: The Onion è un sito satirico statunitense che pubblica false notizie di scala internazionale, nazionale o locale] sottolineando quanto poco denaro ricevono le donne fondatrici.
Anche se, qualcosa sta lentamente cambiando perché, secondo i dati di Crunchbase, negli ultimi anni i finanziamenti alle aziende di Intelligenza Artificiale con sede negli Stati Uniti con almeno una donna fondatrice sono in leggero costante aumento.
Nel 2021, ad esempio, le aziende di AI con almeno una donna fondatrice hanno raccolto il 13,2% di tutto il capitale raccolto nel settore. Nel 2020, era dell’11,6% e dell’11,5% nell’anno pre-pandemico del 2019.
L’Europa, da questo punto di vista, si trova al penultimo posto della classifica (12,6%), a pari merito con l’America Latina e davanti solo all’area MENA (10,1%). Guidano la classifica l’Oceania, con una startup su 5 a guida femminile (21,6%) e il Nord America (15,7%).
Storicamente, la sottorappresentanza delle donne nel settore tecnologico è stata definita un “problema di pipeline” , suggerendo che il basso numero di donne nel settore tecnologico è dovuto a un piccolo pool di talenti nel settore STEM. [iii]
In effetti, a livello mondiale, la partecipazione delle donne è limitata da disparità di istruzione e formazione tecnica e le ragazze abbandonano ogni gradino del continuum delle competenze digitali.
Tuttavia, pur in questo quadro, una notizia positiva e che fa ben sperare, si evince da uno sguardo alle exit dalle startup femminili europee, che hanno raggiunto, secondo le analisi di Klecha & Co. quota 23 nel 2021. Regno Unito e Germania da questo punto di vista guidano la classifica, riferita agli ultimi 15 anni, con almeno 87 co-fondatrici al femminile che hanno gestito exit di successo, per un valore complessivo di 22,3 miliardi di euro.
Il tempo medio per un’exit di successo al femminile è di 6,8 anni mentre l’acquisizione media è stata valutata 218 milioni di euro. Negli Usa il valore delle exit guidate da Ceo donne è cresciuto del 30% tra il 2019 e il 2020 mentre quello delle exit guidate da Ceo uomini è sceso del 44%.
I settori con il maggior numero di exit guidate da donne sono stati quelli dell’healthtech e del fintech. Il Regno Unito, in questo contesto, vanta il maggior numero di exit di successo al femminile, pari a 31. Seguono la Germania con 19, la Francia con 9 e la Spagna con 6. L’Italia si posiziona al nono posto con 2 exit guidate da donne.
Parlando di alleanze o di M&A secondo uno studio condotto dal Boston Consulting Group (BCG) e SISTA, che ha analizzato 1788 startup e 6157 operazioni di raccolta fondi nel corso del 2022 nei mercati di Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Svezia, le startup fondate esclusivamente da donne in questi mercati rappresentano il 10% del totale (12% nel caso di team misti), sebbene siano riuscite ad attivare solo il 7% dei finanziamenti disponibili e a raccogliere appena il 2% dei fondi effettivamente necessari.
Questi dati hanno spinto le imprenditrici a cercare collaborazioni con i colleghi uomini per superare le sfide legate alla raccolta di capitali sul mercato. Infatti, mentre solo 1 uomo su 10 (quindi il 20%) tende a associarsi con una donna per avviare un’attività imprenditoriale, il 50% delle donne cerca attivamente una partnership con un uomo.
A tale proposito, le cifre evidenziano che in presenza di team misti, le startup guidate da donne raccolgono fondi tre volte superiori (12 milioni di euro contro 4) rispetto a quelle gestite da sole donne.
Tutti questi dati sottolineano l’importanza della diversità di genere nelle startup e come la collaborazione tra uomini e donne possa portare a risultati più positivi sia in termini di raccolta fondi che di successo aziendale.
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