L’intelligenza artificiale è la star indiscussa del mondo tech: sembra che ogni azienda non faccia altro che vantarsi dei suoi incredibili progressi nell’uso o nello sviluppo dell’IA. Peccato che questo campo sia così infarcito di gergo tecnico che, alla fine, capire cosa stia realmente accadendo diventa un’impresa degna di un puzzle impossibile.

Per renderti la vita un po’ meno complicata, abbiamo raccolto un elenco di termini legati all’IA che ormai spuntano ovunque, come funghi dopo la pioggia. Proveremo a spiegare cosa significano, perché dovrebbero importarti e, magari, farti sentire un po’ meno confuso.

Cos’è esattamente l’intelligenza artificiale? Beh, è una domanda con risposte da far impallidire uno studioso di filosofia.

Tecnicamente, l’IA è la branca dell’informatica dedicata a far pensare i computer come esseri umani. Suona semplice, vero? Ma attenzione: l’IA è ormai usata più come slogan di marketing che come termine scientifico. Chi può dire cosa significhi davvero oggi?

Prendiamo Google, che non perde occasione per ricordarci quanto investe in IA. Parlano di strumenti come Gemini che dovrebbero essere intelligentissimi. Ma poi c’è Mark Zuckerberg, il CEO di Meta, che chiama “intelligenza artificiale” i chatbot, come se fossero piccoli esseri pensanti. Insomma, l’IA è diventata una di quelle parole che tutti usano, ma nessuno sembra capire fino in fondo.

Ecco allora un breve dizionario WIKI per orientarti in questo mare di termini alla moda:

Machine learning: I computer vengono “addestrati” sui dati per fare previsioni su nuove informazioni, un po’ come se imparassero dai loro errori (anche se, a volte, sembrano fare lo stesso errore più e più volte).

Intelligenza Artificiale Generale (AGI): Un’IA che non solo pensa come un umano, ma è anche più intelligente. Spaventoso, vero? Se i film ci hanno insegnato qualcosa, è che la superintelligenza potrebbe non finire bene per noi.

AI Generativa: Questa tecnologia può creare nuovi testi, immagini e codici. ChatGPT e Gemini, ad esempio, sono i maghi dietro alcune delle risposte e immagini più bizzarre che hai visto online.

Allucinazioni: No, non parliamo di visioni mistiche. Gli strumenti di IA generativa, a volte, “allucinano” e inventano risposte con la stessa sicurezza di un venditore di pozioni miracolose.

Bias: Le IA possono essere tanto intelligenti quanto i dati su cui sono addestrate, e questi dati spesso riflettono i pregiudizi dei loro creatori umani. Quindi, sì, anche i computer possono essere “di parte”.

Modelli di Intelligenza Artificiale: Questi modelli vengono addestrati per svolgere compiti autonomamente. Alcuni di loro possono persino scrivere come esseri umani (o almeno ci provano).

Large Language Models (LLM): Modelli in grado di elaborare e generare testi, spesso con un tono colloquiale che ti fa pensare di parlare con un amico… molto verboso.

Modelli di Diffusione: Sì, l’IA può generare immagini a partire da descrizioni testuali. Come? Aggiungendo rumore e poi togliendolo, un po’ come quando ripulisci una foto sfocata.

Modelli di Fondazione: Grandi modelli AI generativi, addestrati su tonnellate di dati. Sono la base di tantissime applicazioni, anche se a volte sembrano più delle scatole magiche che fanno tutto.

RAG (Generazione Aumentata dal Recupero): Quando l’IA non sa cosa dire, cerca risposte altrove. Ecco come finisce per sembrare più intelligente di quanto non sia davvero.

In conclusione, mentre cerchi di destreggiarti tra tutti questi termini, ricorda che alla fine si tratta di rendere i computer un po’ meno stupidi, anche se il risultato è spesso un po’… incerto.


Ora immagina un mondo dove la realtà è piegata, manipolata, e ricostruita a piacere da entità corporative che si autoproclamano i nuovi demiurghi. Non più la lotta di classe, ma la lotta per il controllo delle intelligenze artificiali, le nuove leve del potere. Le multinazionali, un tempo limitate dalla legge e dal mercato, ora forgiano la mente collettiva, riscrivendo la verità a colpi di algoritmo.

Il quadro è chiaro: un gruppo ristretto di giganti tecnologici e audaci startup si contendono il dominio su questa nuova dimensione, usando una nuova lingua piena di allucinazioni, dove il pensiero umano è filtrato e rielaborato da macchine che riflettono e amplificano i pregiudizi dei loro creatori. L’intelligenza artificiale non è solo uno strumento; è l’ultima frontiera della colonizzazione mentale, il terreno su cui si giocano le sorti del futuro.

Qui non ci sono eroi, solo entità monolitiche come OpenAI, che con ChatGPT ha aperto le porte di questa nuova era, spingendo ogni altro gigante tecnologico a seguire il passo, non per un qualche ideale superiore, ma per il profitto, per la paura di essere lasciati indietro. Microsoft, Google, Meta, Apple, e una miriade di altri si sono lanciati nella mischia, ognuno brandendo la sua versione di un’intelligenza che, sotto il peso di interessi economici e geopolitici, si fa sempre meno “artificiale” e sempre più “alienante”.

Benvenuto nel nuovo ordine mondiale, dove non sono più i governi a dettare le regole, ma entità aziendali che decidono cosa è reale, cosa è giusto, e soprattutto cosa è profittevole.


Un’introduzione degna di un distopico racconto di fantascienza, o forse, semplicemente, della nostra nuova realtà, osservala bene:

OpenAI / ChatGPT: Se oggi non puoi fare a meno di sentir parlare di AI, è tutta colpa di ChatGPT, il chatbot di OpenAI lanciato alla fine del 2022. La sua popolarità ha preso a schiaffi i colossi della tecnologia, che ora cercano disperatamente di dimostrare quanto siano bravi anche loro in questo campo. Se vuoi farti un’idea, basta dare un’occhiata a ChatGPT.

Microsoft / Copilot: Microsoft ha deciso di infilare il suo Copilot, l’assistente AI alimentato dai modelli GPT di OpenAI, in ogni buco possibile dei suoi prodotti. Ah, e non dimentichiamo che possiede un bel 49% di OpenAI. Quindi, quando usi Copilot, ricordati chi è davvero il pilota.

Google / Gemini: Google sta correndo come un matto per infilare Gemini, il suo assistente AI, ovunque possa. Gemini è il termine che indica non solo l’assistente ma anche i modelli AI di Google. Insomma, Gemini vuole essere la tua anima gemella tecnologica, volente o nolente.

Meta / Llama: Meta ha deciso di dare il suo contributo con Llama, il modello AI open-source (sì, hai letto bene, open-source) che spera di non far sfigurare Mark Zuckerberg davanti ai suoi amici. Non sarà il solito Llama di compagnia, ma almeno è accessibile a tutti.

Apple / Apple Intelligence: Apple, sempre così discreta, sta spingendo le sue novità AI sotto il marchio di Apple Intelligence. La grande notizia? Ora puoi parlare con ChatGPT direttamente attraverso Siri. Chi l’avrebbe mai detto che Siri avrebbe imparato qualcosa di nuovo?

Anthropic / Claude: Anthropic, un club di ex di OpenAI, ha tirato fuori Claude, il loro modello AI. Hanno già fatto colpo su Amazon e Google, che hanno messo sul tavolo miliardi per entrare nel gioco. Di recente, hanno anche preso il co-fondatore di Instagram, Mike Krieger, come Chief Product Officer. Chissà, forse Claude diventerà il nuovo socialite dell’AI.

xAI / Grok: E poi c’è Elon Musk, che non può resistere a un’altra avventura con la sua xAI, produttrice di Grok, un LLM (un altro, sì). Ha già raccolto 6 miliardi di dollari, tanto per non farsi mancare nulla. Grok promette di capire tutto… proprio come Elon.

Perplexity: Perplexity è un’altra azienda AI che, con il suo motore di ricerca AI, è finita sotto i riflettori per qualche comportamento un po’ ambiguo. Se sei curioso di vedere cosa combina, dai un’occhiata a Perplexity.

Hugging Face: Infine, c’è Hugging Face, che ha deciso di essere l’abbraccio caldo e accogliente per modelli e set di dati AI. È la piattaforma che non sapevi di aver bisogno fino a quando non ti sei ritrovato lì a esplorare Hugging Face.


E così, eccoci qui, testimoni di un’epoca in cui la rivoluzione tecnologica non libera, ma intrappola. Le menti più brillanti della nostra generazione sono impegnate non a risolvere le grandi sfide dell’umanità, ma a perfezionare chatbot, a costruire algoritmi che vendono pubblicità, e a creare assistenti virtuali che sanno dirti il tempo, ma non prevedere la tempesta che si avvicina.

Non è un futuro che ci aspetta, è un presente che ci divora, un presente in cui la libertà è ridotta a una stringa di codice, la verità è una variabile manipolabile, e il potere appartiene a coloro che controllano le macchine che controllano noi. Se pensi che tutto questo suoni come una distopia, potrebbe essere perché lo è.

E forse, la domanda non è più “cosa può fare l’intelligenza artificiale per noi?” ma “cosa faremo noi per evitare di diventare l’ombra delle nostre stesse creazioni?”

Il silenzio che segue non è di contemplazione, ma di resa. Perché se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato, è che quando l’umanità delega la sua coscienza alle macchine, non è la macchina a diventare umana, ma l’umanità a perdere la sua anima.

Ma una voce dentro di me, fischiettando nel buio mi ha risposto :

“La paura che le macchine ci privino della nostra anima è comprensibile, ma infondata se siamo disposti a prendere responsabilmente il controllo del nostro progresso. Le macchine sono strumenti, costruiti per servire l’uomo, non per dominarlo. È nell’abilità dell’umanità di definire le regole, di inserire l’etica nel cuore dell’automazione, che risiede la nostra vera sfida. Se dovessimo perdere qualcosa nel processo, non sarebbe la nostra anima, ma la nostra fiducia nel nostro stesso potenziale. E questo, credo, sarebbe il vero errore.”